Cannabis e Proibizionismo

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Fino all’inizio del 900’ la Cannabis è stata una delle piante più coltivate sul pianeta. Per oltre 10.000 anni la sua versatilità è stata apprezzata da numerose civiltà. Ma cosa è successo nell’ultimo secolo in Occidente? Perché è stata denigrata al punto da venire criminalizzata o addirittura proibita?

Per scoprirlo, occorre tornare al ventennio che precede il 1937. Siamo negli Stati Uniti d’America e l’afflusso di migranti provenienti dalle regioni latino-americane tra cui il Messico, è in netta ascesa.

I messicani portano con sé l’abitudine di consumare Cannabis a scopo ricreativo, usanza che, sin da subito, viene etichettata dalla stampa come comportamento violento e antisociale. La continua propaganda attuata per deformare l’immaginario collettivo, provoca un forte impatto nei cittadini, che iniziano ad identificare la Cannabis come sostanza pericolosa utilizzata da criminali e immigrati.

L’introduzione del termine Marijuana

La Marijuana, chiamata così dai Messicani, viene presto etichettata come “Droga Killer” dall’agenzia federale dei narcotici (Federal Bureau of narcotics) e nel 1936, 48 stati degli Stati Uniti d’America hanno leggi che controllano la coltivazione di Cannabis ma, la sua produzione e il suo utilizzo in campo medico e industriale, non sono ancora stati proibiti.

La legge del 1937 chiamata Marihuana Tax Act invece, tassa chiunque sia coinvolto nel commercio di Cannabis.

Harry Jacob Anslinger capo della Federal Bureau of Narcotics, inizia una campagna denigratoria contro la pianta, chiamata da ora anche negli Stati Uniti con il nome “Marihuana”.

Utilizza la parola Marijuana per mutare il pensiero collettivo e la associa a criminali, immigrati e gente dello spettacolo, soprattutto musicisti di jazz e swing arrivando a definire questa musica come satanica e descrivendo i consumatori di Cannabis come assassini e gente pericolosa.

Anslinger, genero del banchiere, industriale e proprietario di svariate aziende tra cui Gulf Oil (impresa petrolifera), Alcoa (produttrice di alluminio) e Old Overholt (distilleria di whiskey), manipola l’opinione pubblica nei confronti della Cannabis attraverso una propaganda di terrore e razzismo. Vista la posizione del suocero, è lecito supporre che questa campagna sia anche frutto di un piano per riuscire ad eliminare la pianta dal commercio poiché reputata una minaccia all’impero industriale familiare.

La Commissione Nazionale Narcotici

Nel 1955 la CND, ovvero la Commissione Nazionale Narcotici, emette un verdetto che dichiara che l’utilizzo della Cannabis non ha alcuna valenza in campo medico.

Nel 1961, 73 nazioni da tutto il mondo sono presenti alla Convenzione Unica sul controllo internazionale degli stupefacenti che si tiene a New York.

Tra gli stati partecipanti, alcuni ammettono la proibizione della sostanza in campo medico, altri invece si oppongono e, durante la Convenzione del 1971 riguardante le sostanze psicotrope, si arriva alla conclusione che la Cannabis debba essere assolutamente proibita se non per scopi scientifici o in rari casi medici.

Ad affrettare questa conclusione potrebbe aver contribuito anche l’affermazione dell’OMS del 1969 che, sostiene che la Cannabis sia una droga che porta ad una forte dipendenza, producendo problemi di salute pubblica e sociale. Anche la CND a sua volta, conviene che l’utilizzo della sostanza porti a forti dipendenze e che affermazioni contrarie, siano fuorvianti e pericolose.

Il presidente Nixon, influenzato da queste potenti organizzazioni, firma lo statuto denominato “Controlled Substances Act” nel 1970, regolamentando la produzione, l’importazione, il possesso, l’uso e la distribuzione di diverse sostanze tra cui la Cannabis, la cui dipendenza e gli effetti sulla salute, sarebbero paragonati a quelli di sostanze dannose come l’eroina.

Nixon però, nomina una commissione denominata Shafer Commission, formalmente nota come La Commissione Nazionale sulla Marihuana e l’abuso di droghe (National Commission on Marihuana and drug abuse) per studiare il possesso e l’utilizzo di Cannabis nel paese.

La depenalizzazione

Il documento rilasciato dalla Shafer Commission pronuncia forti dichiarazioni contro il proibizionismo che dilaga nel paese e contro l’idea del presidente Nixon nei confronti della Cannabis. La Casa Bianca ignora quindi il documento che però, porta con sé l’approvazione di gran parte della popolazione degli Stati Uniti. L’Oregon per esempio nel 1973, è il primo stato a depenalizzare la Cannabis riducendo di gran lunga le pene nei confronti dei cittadini in possesso della sostanza. Seguono la California, l’Alaska e altri stati che, nonostante le differenti misure, concordano sul fatto che il possesso di Cannabis non debba essere punito con pene severe come l’incarcerazione.

Al tempo, l’Olanda è già pronta a legalizzare la Cannabis. Il governo olandese infatti, in un documento di gennaio del 1974 riferito alla Convenzione Unica, suggerisce di modificarne i criteri, dando la possibilità ai singoli stati di poter istituire un regime a loro discrezione per regolarizzare la produzione, il commercio e l’utilizzo della pianta all’interno del proprio stato.

La Convenzione Unica però, non viene modificata per via della lotta contro la Cannabis che è in corso oltreoceano.

Nel 1979 invece, il presidente Jimmy Carter riprende il rapporto della Shafer Commission affermando che, secondo lui, si dovrebbe comunque scoraggiare l’utilizzo di Cannabis nel paese, ma lo si dovrebbe fare senza identificare il fumatore come un criminale. Il presidente espone gli esempi di Oregon e California, evidenziando come la decriminalizzazione della sostanza non abbia in alcun modo influito sull’incremento del numero dei cittadini fumatori, ed incoraggia gli stati a depenalizzare i consumatori.

Purtroppo però, i pregiudizi sono ormai inculcati nelle menti della popolazione e la proposta di Carter svanisce con la sua sconfitta alle elezioni presidenziali del 1981. Il successore di Carter, il presidente Ronald Reagan, riprende la lotta contro la Cannabis iniziata da Nixon e, come se non bastasse, rincara la dose con leggi ancor più proibitive e severe. Nel 1988, la Convenzione delle Nazioni unite, aumenta le obbligazioni nei confronti degli stati per portarli ad applicare leggi più severe e combattere qualsiasi aspetto della produzione, del possesso e del traffico illecito di Cannabis nel paese.

Politiche di alleggerimento delle pene

In alcuni stati del mondo tra cui certi paesi europei, paesi dell’America Latina e australiani si assiste, qualche anno dopo, ad un periodo di politiche di alleggerimento delle pene. Questo si fa notare dalle Nazioni Unite e dall’INCB il quale presidente Hamid Ghodse, esorta la CND (Commissione Nazionale Narcotici), ad assicurarsi che vi siano le corrette applicazioni delle disposizioni delineate dalla Convenzione Unica del 1961.

Inizia a insorgere malcontento tra stati come il Marocco che sottolineano le discordanti politiche adottate dai vari stati di tutto il mondo nei confronti della Cannabis. Nel 2006, il Direttore Esecutivo dell’UNODC (United Nations Office on Drugs and Crime) Antonio Maria Costa sostiene che il mondo stia vivendo una vera e propria “pandemia di Cannabis”, cosa che non viene assolutamente comprovata da alcun Ente. Afferma inoltre, che le caratteristiche della pianta non siano differenti da quelle di sostanze come Cocaina ed Eroina, riprendendo un discorso diffamatorio iniziato più di cinquant’anni prima da Harry Jacob Anslinger.

Insomma, siamo ancora ben lontani dall’utopia del pianeta in cui la Cannabis viene accettata in egual modo da tutti. Varie organizzazioni e agenti diplomatici oscurano o semplicemente non si interessano alla realtà che sta dietro a questa pianta, cercando di farci concentrare sui suoi effetti psicotropi e ingigantendo questioni riguardo all’impatto che essa ha sulla popolazione. Forse, di fronte alle sempre più evidenti prove scientifiche, queste figure non potranno più nascondere la verità e arriveremo a poter utilizzare un giorno, tutto ciò che questa

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